Gli abitati preistorici nelle zone umide
È difficile fissare quando l’uomo iniziò a frequentare le aree umide, ma è chiaro che l’acqua ha costituito da sempre un elemento di fascino e attrazione; tuttavia, solo da una fase relativamente recente, a partire dal Neolitico, queste zone sono state occupate in modo sistematico con la fondazione di insediamenti.
Benché i villaggi palafitticoli siano presenti in diverse regioni e ambienti umidi del mondo, gli abitati preistorici dell’arco alpino costituiscono un fenomeno unico di straordinaria importanza scientifica. Questi monumenti rappresentano il principale punto di partenza per lo studio delle più antiche società contadine europee tra il Neolitico e la prima età del Ferro, ovvero tra il 5000 e l’800 a.C. circa.
I villaggi palafitticoli consentono di documentare la nascita ed espansione di diverse forme di insediamento, lo sviluppo delle pratiche agricole, oltreché importanti innovazioni, come l’invenzione della ruota e del carro, o la scoperta della metallurgia del rame e lo sviluppo successivo di quella del bronzo.
In Italia settentrionale, gli abitati nelle zone umide si diffusero a partire dal Neolitico antico attorno al 5000 a.C.; la massima espansione dei villaggi palafitticoli si ebbe però durante l’età del Bronzo nel corso del II millennio a.C. per esaurirsi grossomodo tra il 1.200 e il 1.100 a.C. circa. maggiore concentrazione è attestata nella regione del Lago di Garda.
Perché vivere nelle zone umide? L’ipotesi più accreditata per spiegare questa particolare scelta abitativa è stata per lungo tempo quella della necessità di difesa dagli altri uomini e dagli animali selvatici. A favorire la diffusione dei villaggi palafitticoli nel corso dell’età del Bronzo fu probabile invece un fattore climatico e un adattamento a nuove condizioni ambientali: durante il periodo Subboreale (2.500-800 a.C.), il clima si fece infatti meno caldo e più secco, determinando un abbassamento generale del livello delacque dei laghi alpini che consentì la colonizzazione da parte dei contadini preistorici di ampie zone di terreno soffice e fertile.
La scomparsa di questo particolare tipo di insediamento alla fine dell’età del Bronzo fu invece il risultato di molteplici cause, sia culturali sia ambientali, o probabilmente una combinazione di entrambe, e va comunque associata al generale peggioramento dell’organizzazione economica e territoriale delle società dell’epoca.
La ricostruzione dei villaggi palafitticoli, a lungo concepiti sempre e solo come gruppi di capanne costruite su impalcati aerei al di sopra del livello dell’acqua, ha risentito per molto tempo delle proposte elaborate dagli studiosi dell’Ottocento e del primo Novecento; l’affinamento delle tecniche di scavo e di documentazione dimostrano invece la complessità e variabilità dell’architettura in area umida.
Gli studi più recenti mostrano come la tecnica costruttiva fosse adattata ai diversi ambienti con soluzioni differenti; le abitazioni venivano infatti realizzate con sistemi e materiali che tenevano conto delle caratteristiche del suolo, dell’aumento e diminuzione dell’umidità, della durata delle inondazioni o delle oscillazioni della falda, della profondità dell’acqua, oltre che, naturalmente, delle peculiari tradizioni culturali delle diverse comunità che vivevano nelle aree umide.